domenica 24 giugno 2007

All'IIC di Berlino: "Gramsci Oggi"

News ITALIA PRESS, 22 giugno 2007
Berlino - Il prossimo 27 giugno, organizzata dall'Istituto Italiano di Cultura di Berlino, si terrà una tavola rotonda dal titolo Gramsci Oggi

Angelo Bolaffi, Direttore dell'Istituto Italiano di Cultura, sarà il moderatore che gestirà la tavola rotonda che vede partecipare: Elmar Altvater della Libera Università Berlino, Otto Kallscheuer, filosofo, editiorialista della Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung, Gian Enrico Rusconi dell'Università di Torino, Giuseppe Vacca Presidente della Fondazione Istituto Gramsci.

Il settantesimo anniversario della morte (27 aprile 1937) offre l'occasione per tornare a esaminare criticamente la figura di Antonio Gramsci: il pensatore che Benedetto Croce acclamò come 'patrimonio di tutti', lo studioso che per decifrare la realtà del suo tempo provò a coniugare Marx con Machiavelli, il materialismo storico con la sociologia politica di Mosca e Pareto. Se il suo profilo politico appare irrevocabilmente legato alla fallimentare vicenda del comunismo italiano e internazionale, la sua pionieristica ricerca sul ruolo della Intelligenz e della funzione egemonica di cultura e ideologia nelle moderne società appare ancora di sconcertante e provocatoria attualità. Per questo è possibile, come ha sostenuto lo storico inglese Eric Hobsbawn, considerare Antonio Gramsci l'unico pensatore marxista sopravvissuto al '900 la cui opera ci aiuta a orientarci nella odierna realtà geo-politica di un mondo globalizzato caratterizzato da inedite forme di ostilità identitarie e contrapposizioni spirituali. News ITALIA PRESS

sabato 16 giugno 2007

Diseño frente al 'made in China'

REPORTAJE
124 creadores italianos exhiben 300 objetos de uso doméstico que desfilan sobre cintas transportadoras
AURORA INTXAUSTI

El Pais - Madrid - 15/06/2007
Es innegable que el poder de Asia está minando algunos sectores del tejido económico europeo con la puesta en el mercado de productos de coste muy bajo. Se buscan soluciones para intentar limitar el aumento de los productos que proceden de China, y la que proponen los grandes vendedores del diseño, Italia, es, entre otras cosas, investigar y estudiar las propuestas de los nuevos creadores. La exposición The new italian design. El paisaje móvil del nuevo diseño italiano, que se puede contemplar en Madrid en el Instituto Italiano de Cultura y que posteriormente viajará a Nueva York y Tokio tratan de responder a esas expectativas. La música creada por Nino Rota para la película Fellini 8 y 1/2 ha sido utilizada por el arquitecto italiano Andrea Branzi para la espectacular puesta en escena de la muestra. Los objetos desfilan en la pasarela sobre unas cintas transportadoras a modo de un sushi bar. Sorprenden el montaje y los cerca de 300 objetos que se mueven sobre las cintas inventados por 124 jóvenes creadores menores de 35 años. Sobre 23 pantallas se proyectan las diferentes fases de creación, realización, producción y uso de los productos.

La exposición, que pertenece al Museo de la Trienal de Milán, ha sido organizada por el Instituto Italiano de Cultura y la Fundación Santander y patrocinado por el Ministerio italiano de Asuntos Exteriores. En la muestra se pueden contemplar objetos de uso común modificados según las exigencias que demanda la sociedad actual, como un tenedor que al mismo tiempo es un par de palillos para comer sushi; un estropajo para la cocina con una fisura en el medio para ser colgado al grifo y limpiar mejor los cubiertos; un exprimidor inclinado; un anillo con alas que ayuda a mantener las páginas separadas mientras se lee: un bolso hecho con bayetas para limpiar el suelo que puede ser utilizado como tal una vez que se estropee.

El comisario de la muestra Andrea Branzi cree que "el diseño se ha convertido en uno de los principales motores del crecimiento de la economía, su papel no sólo el de resolver problemas estéticos, sino el de inventar nuevos productos, nuevos mercados y nuevas economías. El diseño se está convirtiendo en una profesión de masa". Esta declaración de Branzi se sostiene con los datos aportados por el arquitecto que asegura que para la exposición se presentaron 1.500 proyectos de 630 creadores y que en Europa están registrados 50.000 estudiantes de diseño.

La exposición pone en evidencia la originalidad de los nuevos creadores que son capaces de inventar elementos poéticos y ligeros. "El problema no es el de juzgar el diseño, sino más bien tratar de entenderlo", señala Branzi.

Mientras suena la música de Nino Rota los objetos siguen desfilando y el espectador contempla zapatos de tacón fabricados en plástico de distintos colores, un juego de café con un insecto en la loza, bandejas o cubiteras, elementos de uso común que han sido modificados.

The new Italian design. Hasta el 2 de septiembre. Istituto Italiano de Cultura. Mayor, 86. www.iicmadrid.com

mercoledì 13 giugno 2007

Marsiglia. Quando l’Italia è “terribilmente alla moda”

di Andrea Di Nino

Fulvia Veneziani, Direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Marsiglia


Italia Vostra, Il portale degli italiani all'estero, 8 giugno 2007
È sempre un piacere parlare con persone che fanno con passione il proprio lavoro. Ed è confortante vedere che quando si mette amore nel proprio mestiere i risultati arrivano. È il caso dell’Istituto italiano di cultura di Marsiglia e della dott.ssa Fulvia Veneziani che lo dirige. Una realtà che negli anni è riuscita a ricavarsi uno spazio concreto nel tessuto sociale e culturale della città per diventare utile punto di riferimento culturale non solo per la comunità italiana ma anche per i francesi e per chiunque nutra curiosità e interesse per tutto quello che, culturalmente, “fa Italia”.
Perché, e certo non nuoce ricordarlo, anche in Francia l’Italia e l’italianità sono tornate ad essere “terribilmente alla moda”.

Intervista alla dott.ssa Fulvia Veneziani, direttore dell'Istituto italiano di cultura di Marsiglia

Gli Istituti italiani di cultura. Come ci si arriva e come si arriva a dirigerne uno?
All’interno del ministero degli Esteri esiste l’area della promozione culturale. È un’area numericamente molto ridotta: conta circa 220 persone, molte delle quali vicine al pensionamento, deputate a svolgere le funzioni di addetto e di direttore all’estero per i periodi stabiliti secondo le convenzioni sindacali. In linea di massima stiamo nove anni all’estero, in almeno due sedi (ma eventualmente anche tre). In seguito un passaggio tra i due e i quattro anni di nuovo al ministero per poi ripartire ancora. Questa è, in estrema sintesi, la “carriera” della promozione culturale. Attualmente si arriva a dirigere un Istituto esclusivamente per concorso. Dico attualmente perché in tempi ora molto lontani ci si poteva arrivare anche per altre strade e senza concorso ma quanto meno con una laurea o dopo un’esperienza nell’insegnamento. Insomma i “meriti culturali” avevano il loro peso.

Il suo percorso?
Sono laureata in lingue e letterature straniere e ho due abilitazioni: francese-lingua straniera e francese-letteratura e lingua straniera. E ancora, un corso di formazione professionale con a una borsa di studio di quindici mesi in Francia alla Direzione dei progetti culturali. Poi ho partecipato al concorso di reclutamento nel 1985, a quei tempi però aperto solo a chi fosse già titolare di cattedra all’interno della pubblica istruzione per andare “a disposizione” presso il ministero degli Esteri per un certo periodo di tempo. Poi nel 1990 è venuta la legge 401/90 che ha cambiato le cose e che quindi ha assorbito il personale degli Istituti italiani di cultura all’interno del ministero. Chi era in servizio ha avuto il diritto di fare un altro concorso per decidere se voleva essere assimilato al ministero degli Esteri o ritornare alla pubblica istruzione. Questo il mio iter personale, nell’ambito del quale sono stata addetta a Tunisi due anni, a Lione sette anni, quattro anni alla direzione generale per poi ripartire di nuovo con i sei anni (che si stanno concludendo adesso) a Marsiglia e i tre che farò a Tunisi. Sono in partenza.

Laborioso...
Sì, non è un percorso semplice. Il direttore di un Istituto di cultura è, per la stessa natura del ruolo che riveste, “costretto” a toccare tutti gli argomenti che riguardano la cultura, la promozione e la diffusione dell’italiano e dell’immagine dell’Italia. Personalmente posso dire che dirigo questo Istituto come un centro culturale. E in questo non posso non sentirmi privilegiata rispetto a tanti altri colleghi perché ho una sede che me lo permette, ho a disposizione una sala teatro e una sala mostre. Cose sulle quali non tutti gli Istituti possono far conto. Resta però il fatto che, per esempio, un direttore di teatro o di un’accademia musicale è specializzato in qualcosa di ben preciso e quindi quando organizza un evento, uno spettacolo, ha sempre più o meno lo stesso tipo di contatti, conosce perfettamente il milieu, le persone, può far conto su una competenza altamente specialistica che gli viene da una mirata esperienza professionale in un determinato settore. Invece noi, nell’ambito degli Iic, facciamo praticamente tutto e dobbiamo di volta in volta ricominciare – spesso ex novo - con i contatti a seconda dei vari eventi. Questa è una delle difficoltà. L’altra è che i finanziamenti non bastano mai, e quindi diventa necessario andare a cercarsi delle sponsorizzazioni e fare cose “in casa” per qualcuno anche difficili a credersi. Voglio dire, a me capita anche di rispondere al telefono o di andare ad aprire la porta. Ecco, la difficoltà sta nella molteplicità dei compiti. E le strutture non sempre adeguate dal punto di vista finanziario e di personale. È soprattutto una questione di passione.

Con quali istituzioni vi relazionate (e in che modo) nel paese che vi ospita?
Ovviamente con la rete culturale locale, ma non solo. Il raggio d’azione dell’Iic di Marsiglia è immenso. Va dalle Alpi, perché Nizza fa parte della circoscrizione, o anche Tolone, Montpellier, Avignone fino a Tolosa. E la Corsica. La maggior parte delle attività viene comunque organizzata a Marsiglia, nelle altre città sono più episodiche. Per quanto riguarda gli enti locali, ho buone relazioni con i teatri, con gli organizzatori musicali in diversi settori, con il Centro di poesia e con alcuni musei. Credo che doti fondamentali per essere un buon direttore d’Iic siano intelligenza e disponibilità a farsi consigliare quando necessario da esperti locali che hanno senza dubbio “il polso” della situazione culturale meglio di chiunque altro. Faccio un esempio. Come Istituto italiano di cultura abbiamo una relazione che dura ormai da anni con Le Cri du Port, un’associazione musicale che si occupa esclusivamente di jazz. Quando si tratta di organizzare un evento jazz o quando ci perviene qualche proposta al riguardo è a loro che ci rivolgiamo. Ho relazioni privilegiate con persone che dirigono strutture specializzate in diversi campi e quando ci viene presentato un progetto che tocchi questi campi in genere li interrogo sulla sua validità. Mi confronto con loro. La mia idea è di non venire qui o in qualsiasi altro Istituto a portare quello che io penso debba essere portato, ma di interagire il più dinamicamente possibile con la comunità.

Le principali funzioni di un Istituto di cultura?
Da un lato rispondere alle domande locali, del territorio, dall’altro, per esempio, arrivando qui a Marsiglia ho trovato il cinema contemporaneo italiano in una situazione catastrofica, non c’erano sale disposte ad accoglierlo. E in quel caso sono stata io stessa a provocare una domanda. Mi sono messa a lavorare sul cinema italiano: come ho detto, abbiamo la fortuna di avere una cabina di proiezione e ogni anno ho messo su almeno una o due rassegne di cinema italiano contemporaneo. Il risultato? Finalmente a sei anni di distanza comincia a vedersi un po’ di cinema italiano anche qui nelle sale cittadine. Il compito dell’Iic come lo intendo io può essere riassunto in due aspetti complementari: rispondere – certo, oculatamente – alla domanda locale e suscitarla per quei settori che non sono presenti o che non godono più di buona fama com’era il caso del cinema italiano contemporaneo.

La lingua italiana. Chi la studia e per quali ragioni?
Quando sono arrivata avevamo corsi di lingua frequentati prevalentemente da persone di una certa età, spesso di origine italiana (chiamiamoli di seconda o terza generazione). La loro motivazione stava nel voler recuperare la lingua italiana che i genitori avevano impedito loro di imparare. Molto spesso infatti accade che un popolo che emigra impedisce ai propri figli d’imparare la lingua del paese d’origine perché la prima preoccupazione è l’integrazione. Ed è un fatto che soprattutto la seconda generazione non parla mai la lingua italiana perché non si parla neanche in casa. Al limite parla un dialetto. Arrivati alla terza generazione c’è una sorta di recupero d’identità. C’erano anche quelli che erano interessati alla lingua italiana perché avevano tempo libero per viaggiare. Quando sono arrivata la situazione era questa.
Poi, grazie all’appoggio preziosissimo del console generale, abbiamo fatto un gran lavoro d’informazione. Anche perché ci siamo accorti che l’Italia e alcune regioni in particolare sono i primi o al limite i secondi partners per l’import export per tutta la Francia, e in particolare per questa regione (PACA, Provence-Alpes-Côte d’Azur) e che in realtà la gente non lo sapeva. Siamo andati nelle scuole, abbiamo realizzato un pieghevole informativo (32mila copie) in partenariato con l’Associazione regionale dei professori d’italiano da distribuire nelle scuole. Poi, non contenti, abbiamo anche realizzato un dvd – presentato pochi giorni fa - per spingere i ragazzi allo studio della lingua italiana. Dopo sei anni di lavoro il pubblico dei frequentatori dei nostri corsi è molto cambiato. Intanto da cinque anni organizziamo anche corsi per bambini. Oltre a molti corsi per adulti in cui però è notevole la presenza dei giovani. Ci sono tanti studenti, persone che lavorano nelle banche, nei negozi, nel commercio in generale e negli ospedali.

Una sua impressione. Culturalmente come è percepito il nostro paese, quali gli aspetti di maggior successo?
Gli elementi di maggior successo sono la musica e il cinema. Il pubblico si è affezionato, ha imparato a frequentare l’Istituto. Abbiamo lanciato recentemente un cineclub in piena regola e il primo mercoledì di ogni mese proiettiamo una pellicola. Sempre in lingua italiana e sempre sottotitolata in francese. Quando è possibile cerchiamo anche di far intervenire il regista o l’attore protagonista del film. Per esempio il 13 giugno avremo l’omaggio a Comencini con lo Scopone scientifico.

Il pubblico dei vostri eventi. Quanti italiani e quanti francesi?
Impossibile quantificare con esattezza. Noto però che sempre di più ci sono sia italiani che francesi. Poi adesso c’è anche un nuovo pubblico italiano. Non è soltanto l’emigrazione di terza generazione, parlo di una vera e propria “nuova emigrazione” di giovani che qui vengono per esempio per ragioni di studio. Gente che partecipa al progetto Erasmus, ai programmi Leonardo, che è iscritta all’università, fa tirocini di medicina negli ospedali cittadini, giovani ricercatori che sono al centro nazionale delle ricerche, famiglie bilingui eccetera.

C’è una differenza nel “concetto d’Italia” tra le varie generazioni?
Certamente. La generazione che adesso ha tra i sessanta e gli ottanta anni, chi è venuto qui giovanissimo o addirittura è nato qui da genitori italiani ha in genere una visione dell’Italia che raramente corrisponde alla realtà. Tranne – è ovvio - quelli che ogni estate fanno viaggi in Italia. E chi ci torna molto raramente o mai ha conservato dell’Italia l’idea di quando l’ha lasciata. Poi c’è la fascia cinquanta-sessanta, che si avvicina alla cultura italiana per imparare quell’italiano che non ha potuto imparare in casa. Poi, i giovani di ultima generazione. Ed è ormai da tre o quattro anni che ci capita di accogliere giovani compagnie di danza o di teatro che vengono dall’Italia, compagnie di due o tre persone, alle quali diamo per un certo periodo di tempo anche alloggio in una piccola foresteria messa a disposizione dal Consolato. Elisabetta Stiroli, una giovane attrice di teatro che sta provando da noi da circa sei mesi. Giovanna Velardi, una danzatrice siciliana che abbiamo accolto diverse volte che va e viene dalla Sicilia e Francesca Mangano, un’attrice in questo momento impegnata con una compagnia locale in un lavoro su Pasolini.

L’italianità. Forse un termine ultimamente un po’ abusato, ma fa buon gioco per riassumere le mille sfaccettature della qualità “genetica” di tutto ciò (e di chi) è italiano. Come è percepito in Francia, a Marsiglia, questo concetto?
In questo momento l’Italia è terribilmente alla moda nel sud della Francia ed è molto apprezzata. E, a mio avviso, l’italianità è vista benissimo. Non abbiamo problemi particolari d’immagine: lo stereotipo dell’italiano “pizza e mandolino” è pressoché scomparso, magari resta ancora nella testa di alcuni italiani di una certa età, ma si tratta di persone legate a certo associazionismo per così dire “tipico”. I giovani invece non sono più legati ad associazioni di questo genere. I giovani italiani che si occupano di musica sono nelle associazioni musicali, chi si occupa di teatro nelle associazioni teatrali. Non fanno più associazionismo semplicemente perché “sono italiani”. Significa che si sono integrati molto bene nel tessuto sociale, e questo è positivo.

La sua esperienza marsigliese sta per concludersi. Un breve bilancio, una riflessione.
Sono contenta perché questo è un lavoro che ho scelto per passione. Certo, sono un amministratore, visto che amministro i fondi dello Stato e i fondi che riusciamo a far entrare, ho dei vincoli d’inventario, d’archivio e di contabilità, ma – ripeto - questo lavoro lo faccio perché ci credo davvero. Perché credo che attraverso la cultura sviluppiamo tolleranza, conoscenza e dialogo che secondo me è alla base di qualsiasi tipo di promozione culturale. Ne sono convinta: non può esserci cultura se non si è tolleranti, se non si è aperti, se non si va verso l’altro, verso il diverso. Altrimenti, a cosa servirebbe essere colti?

Sente nostalgia di qualcosa in particolare dell’Italia?
No, in realtà non mi manca niente. La famiglia, sicuramente. Poi, in un certo senso mi manca la Sicilia, la mia regione d’origine.

Il libro della vita?
Nessuno in particolare. Ho molta attenzione per la produzione letteraria femminile contemporanea. Non ho un “libro feticcio”, quanto piuttosto una serie di libri di carattere psicologico e sociale sui quali torno frequentemente. Un altro tema che m’interessa profondamente è quello della salute mentale e il lavoro che si può fare attorno al malato. Tra l’altro, recentemente abbiamo organizzato un convegno qui in istituto, abbiamo ospitato, da Reggio Emilia, la mostra Mura di carta (le opere dei ricoverati dell’ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia dal 1895 al 1985) e abbiamo proiettato Padiglione 22, il primo film del giovane regista italiano Livio Bordone, che ha come tema appunto la salute mentale. Il convegno ha talmente colpito che la direzione sanitaria della regione ha contattato il console per chiedergli aiuto per creare contatti con la rete italiana per sviluppare le problematiche del tema della salute mentale. Questo lavoro è legato a una serie di traduzioni che abbiamo sostenuto grazie ai finanziamenti del ministero degli Esteri che hanno come tema la psichiatria. Uno di questi è per esempio Ritratto di Antonio Basaglia, psichiatra intempestivo

Immagini di avere di fronte “la sua comunità”. Cosa direbbe agli italiani (e ai francesi) che frequentano il suo Istituto?
Guardi, il 26 giugno farò la mia festa d’addio e la mia comunità ce l’avrò davanti. Dirò innanzitutto che lascio Marsiglia con molta nostalgia e che ci tornerò e dirò che quel che mi farebbe enormemente piacere è che questo istituto che è diventato un luogo aperto, un luogo d’accoglienza nel quale tutti si “sentono bene” continui ad essere così. E potrà esserlo soltanto attraverso percorsi di collaborazione tra la “squadra” dell’Istituto e il pubblico con la sua partecipazione.

sabato 9 giugno 2007

ANCHE GLI ISTITUTI ITALIANI DI CULTURA PARTECIPERANNO ALLE GIORNATE EUROPEE DEL PATRIMONIO 2007

ROMA\ aise\ 8 giugno 2007 - Anche gli Istituti Italiani di Cultura saranno coinvolti nelle iniziative previste il 29 e 30 settembre prossimi, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2007.
Il Ministero degli Affari Esteri, infatti, ha aderito assieme al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali all’iniziativa che ricorre anche quest’anno, in base all’impegno assunto fin dal 1991 dal Consiglio d’Europa di incentivare e rafforzare il dialogo e lo scambio in ambito culturale tra i Paesi europei.
Su tutto il territorio nazionale saranno, dunque, organizzate iniziative che riassumono e valorizzano i contenuti della cultura e del patrimonio italiano, offrendo inoltre l’accesso gratuito in tutti i suoi luoghi della cultura: musei, gallerie, monumenti e aree archeologiche.
Lo slogan scelto dall’Italia è per quest’anno "Le grandi strade della Cultura: un valore per l’Europa". Con questo tema si intende sollecitare, in ogni regione, l’organizzazione di manifestazioni e attività di collaborazione con quei Paesi europei che abbiano avuto una influenza importante nella formazione culturale del nostro Paese o presso i quali il ruolo delle tradizioni, dei movimenti, degli artisti italiani sia stato significativo. Una strada dunque che colleghi il nostro Paese all’Europa, alla ricerca sia di quanto ci sia di comune con le altre nazioni sia di quanto costituisca la nostra unicità.
Il patrimonio culturale diventa in tal modo il più importante veicolo per diffondere la conoscenza delle radici e della cultura dei Paesi europei: un ponte tra individualità e universalità, tra passato e futuro.
Sul territorio nazionale sono state coinvolte Regioni e Province autonome, il Ministero dell’Istruzione e il Ministero dell’Università e della Ricerca nonché altre istituzioni culturali a carattere pubblico e privato. All’estero, invece, saranno attivi gli Istituti Italiani di Cultura. (aise)

mercoledì 6 giugno 2007

Stolen Callas dress is returned by post

Kathimerini, June 6, 2007
The thief who stole a silk dress worn by opera singer Maria Callas from the Italian Cultural Institute in Athens almost two weeks ago has returned the robe by post.

The institute’s director Melita Palestini told Kathimerini yesterday that a package containing the dress, valued at 100,000 euros, arrived at the center on Friday. “I recognized the material as soon as I opened the package,” Palestini said. “I did not touch it and immediately called the police.”

Palestini said the dress, which was taken away by officers for examination, appeared a little crumpled but not damaged. The robe was worn by Callas at a performance at the Herod Atticus Theater in August 1957 and was part of a collection put on display at the institute to mark the 30th anniversary of the diva’s death.

Palestini said that an ardent admirer of the opera singer probably stole the dress.

martedì 5 giugno 2007

A Pisa prima giornata sulle questioni dello studio e della diffusione dell'italiano all'estero

News ITALIA PRESS, 4 giugno 2007
Pisa - La prima delle due giornate di dibattito dedicate dal Centro Linguistico dell'Università di Pisa, diretto dal Professor Roberto Peroni, ai problemi e alle questioni dello studio e della diffusione dell'italiano all'estero si è svolta il 28 maggio, presso l'Aula Magna della Facoltà di Lingue dell'aeteneo pisano.

L'incontro - che avrà il suo secondo appuntamento il 22 giugno prossimo - è stato aperto, davanti ad un pubblico attento e partecipe, dal Preside della Facoltà di Lingue, Professor Stefano Mazzoni, che ha sottolineato l'importanza e l'interesse di una riflessione approfondita e sistematica circa le immagini della cultura dell'Italia all'estero ed i modi in cui esse sono costruite, studiate e diffuse.
Il Professor Peroni, invece, ha aperto il suo intervento sottolineando le ragioni per cui il Centro Linguistico - presso il quale si tiene da ormai oltre 10 anni il Pisa-Chicago Program, dedicato agli studenti dell'Università di Chicago - ha fortemente voluto un confronto ed una riflessione aperta e diffusa sui temi del convegno. "C'è infatti uno 'sguardo a rovescio', lo sguardo delle altre culture verso la nostra, che ci indica le forme ed i modi in cui essa è colta, formalizzata e costruita". In questo senso, l'Encyclopedia of Italian Literary Studies, nuovo strumento statunitense dedicato dalla Princeton University e dall'editore Routledge alla cultura italiana, rappresenta un campo di analisi ed osservazione di particolare interesse.
È stata quindi la volta di Stefano Adami ed Olivia Catanorchi, due dei collaboratori della Encyclopedia of Italian Literary Studies. Adami ha presentato al pubblico la cornice dell'Encyclopedia, ed i modi in cui le voci sono state generalmente costruite ed impostate, indicando in particolare i percorsi attraverso i quali sono state elaborate alcune delle proprie voci per un referente 'ideale' e concreto. Olivia Catanorchi ha invece discusso i processi, le strategie e le 'teorie' che hanno accompagnato la gestazione e la produzione della Encyclopedia.
Infine, James Fortney dell'Università di Chicago ha presentato alcuni nuovi modelli di didattica dell'italiano L2 attraverso delle interviste ad 'informatori' madrelingua sul campo.
L'intervento finale è stato quello di Rossana Matteucci, del Centro Linguistico dell'Università di Pisa, che ha illustrato le strutture del Pisa-Chicago Program, partendo dal modo particolare ed originale in cui è stato pensato come Programma di Lingua e Cultura italiana di immersione totale per studenti americani.
L'incontro è stato concluso dal Professor Peroni, che ha discusso i punti critici emersi dai vari interventi, sottolineando le questioni aperte e le linee di approfondimento. I
l 22 giugno, con la seconda giornata dei lavori del Convegno, sarà possibile concentrare su tali punti maggiormente l'attenzione. News ITALIA PRESS

lunedì 4 giugno 2007

L’ON. ANGELI (AN) SUL TESORETTO: DIROTTIAMONE UNA PARTE VERSO LA RETE DIPLOMATICO-CONSOLARE

ROMA\ aise\ 4 giugno 2007 - "Sono ormai circa tre mesi che si sente parlare di "Tesoretto", ma cosa sia davvero e a quanto ammonti di preciso, nessuno lo sa. Il Presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha presentato nelle scorse settimane un piano in cinque punti per spendere il tesoretto: pensioni più basse e ammortizzatori sociali, infrastrutture, ricerca, piano casa, sostegno alla famiglia". A ricordarlo oggi è Giuseppe Angeli, deputato di Alleanza Nazionale eletto in Sud America che, all’indomani dell’annuncio del Governo che indicherà nei prossimi giorni e sicuramente entro il Consiglio dei Ministri del 28 giugno, le cinque priorità per l’utilizzo dell’extragettito fiscale, torna a proporne l’utilizzo per risollevare le finanze della rete diplomatico-consolare.
"Le proposte sul come spendere questo fondo, meglio conosciuto come avanzo di bilancio dello Stato – riassume Angeli - stanno giungendo da ogni dove e per ogni finalità: dalla cancellazione di parte del disavanzo pubblico, alla riduzione delle tasse, all’attivazione di una proposta per dare lavoro ad un elevato numero di disoccupati, al risanamento di parte di imprese dello Stato e così via".
"Come eletto all’estero – aggiunge il deputato di An - mi piacerebbe ricordare al Presidente Prodi che anche gli italiani residenti lontano dalla madrepatria hanno delle necessità e che per soddisfarle non si necessita di tutto il fondo del tesoretto, ma ne basterebbe soltanto una parte. I settori sono tra i più disparati, ma certo la rete consolare è quella che maggiormente risente di un periodo di stagnazione ed urge un rinnovo".
A tal proposito, Angeli cita l’ultima nota del Sndmae, giunta nei giorni scorsi anche nella sua casella di posta, in cui ancora una volta il Sindacato del personale della Farnesina "sottolinea la precarietà e l’inadeguatezza delle strutture delle nostre rappresentanze territorialmente competenti all’estero. Ambasciate e consolati – cita Angeli - devono infatti far fronte ad una impressionante impennata di domande di servizi, con dotazioni incomparabilmente inferiori ai partners europei (tutto il Ministero degli Affari Esteri assorbe solo lo 0,24% del bilancio dello Stato, contro lo 0,4% della Gran Bretagna, e lo 0,71% della Francia o lo 0,84% della Germania)".
"È di questi giorni – ricorda ancora il deputato - la notizia che la rete diplomatico consolare cesserebbe di percepire fondi per i digitatori, senza alcuna proroga di integrazione, e con un probabile spostamento ed assegnazione dei fondi ai Patronati. La mia domanda è quindi facilmente intuibile. Perché non dirottare parte del tesoretto al ripristino del personale e delle attività connesse alla rete diplomatico consolare?"
"Perché – si chiede - non tenere conto anche di importanti parti del nostro patrimonio artistico che è all’estero e che ultimamente non è considerato, come ad esempio Istituti Italiani di Cultura e le cosiddette Case dell’emigrante che accolgono centinaia di nostri connazionali e fanno sì che possa esserci un legame tra chi è in Italia e chi vive lontano da essa?" (aise)

venerdì 1 giugno 2007

Irlanda: la Principessa Marconi nel Connemara

La Principessa Marconi nel Connemara


Irlandiani.com, June 1, 2007
This morning, in the presence of local authorities, Princess Elettra Marconi, who is in Ireland with her son Guglielmo, unveiled a plaque at Derrygimla, 3 miles from Clifden in Connemara, at the site where her father Guglielmo opened 100 years ago, the most powerful radio station in Europe. This year marks the centenary of the first radio transmission from Ireland across the Atlantic (17the October 1907). Already in the Italian Cultural Institute in Dublin, on Tuesday 29th May, Princess Elettra and her son were guests of honour at the presentation of a documentary entitled “Marconi´s Legacy in Ireland“, compiled by the editor of Italia Stampa, tracing the life and achievements of the great inventor of radio. A similar presentation took place this evening at Abbeyglen Castle Hotel in Clifden.